Vi è distinzione tra le regole della notifica degli atti giudiziari a mezzo posta (disciplinata dall’art. 149 c.p.c. e dalla L. n. 890 del 1982) e quelle della spedizione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, cui trova applicazione il regolamento sul servizio postale ordinario (D.M. 9 aprile 2001) e non la L. n. 890 del 1982.
A)Nel primo caso l’organo notificatore redige un documento pubblico che può considerarsi fidefacente, e quindi atto pubblico agli effetti degli artt. 2699 ss. c.c., e ciò in quanto la legge attribuisce al soggetto abilitato alla notificazione una specifica funzione certificativa e con ciò stesso la capacità di essere fonte di produzione di pubbliche certezze. L’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, costituisce, ai sensi della legge n. 890 del 1982, art. 4 comma 3, il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna del plico con la relativa data, sia l’identità della persona alla quale la consegna stessa è stata eseguita e che ha sottoscritto l’avviso. Esso riveste natura di atto pubblico e, riguardando un’attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale ai sensi della citata legge n. 890 del 1982, art. l, gode della medesima forza certificatoria di cui è dotata la relazione di una notificazione eseguita direttamente dall’ufficiale giudiziario, ovverosia della fede privilegiata attribuita dall’art. 2700 cod. civ., in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza.
Pertanto, il destinatario che intenda contestare l’avvenuta esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto l’atto ed in particolare di non aver mai apposto la propria firma sull’avviso, ha l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di falso, anche se l’immutazione del vero non sia ascrivibile a dolo, ma soltanto ad imperizia, leggerezza o negligenza dell’agente postale.
B) Negli altri casi (raccomandata semplice) basta il disconoscimento della firma, proprio perché non si tratta di attività legittimamente delegata dall’ufficiale giudiziario all’agente postale che non ripete dal primo la particolare qualità.
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Nel caso in questione, l’indirizzo dove sono state recapitate le raccomandate non era più il domicilio della destinataria, che si era trasferita presso altro Comune.
Ne comporta il venir meno della presunzione di conoscenza (ritraibile dal regolamento postale) dell’atto recapitato nel domicilio del destinatario.
Infatti la consegna di una raccomandata, quand’anche avvenuta a mani di un congiunto del destinatario, ma presso un luogo diverso dalla residenza/domicilio dello stesso, non implica la presunzione di conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c., in quanto non trattasi di luogo “in concreto” nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, dunque idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la possibilità di conoscenza del relativo contenuto.
In pratica non è consentito consegnare una raccomandata ad un parente del destinatario incontrato in qualsivoglia luogo, ma solo al parente rinvenuto nel domicilio del destinatario: solo in questo caso opera la presunzione di conoscenza ai sensi dell’art. 1335 c.c., legata alla “presunzione di convivenza non meramente occasionale”.
Consiglio di Stato sentenza n. 1172 del 5/02/2024